Uno dei monumenti più importanti del paese e forse il più spettacolare dell’Amiata si trova a valle, appena fuori dal borgo di Seggiano, immerso tra gli olivi secolari: si tratta dello splendido Santuario della Madonna della Carità.
La costruzione della Madonna della Carità si inserisce in un preciso contesto storico-religioso: siamo nell’epoca della controriforma e del rinnovarsi ed estendersi del culto alla Vergine Maria. Il diffondersi di nuove forme di culto e di pietà mariana è particolarmente accentuato nella Toscana di Ferdinando I, sotto il cui regno (1587-1609) sorgono numerose chiese e conventi. Il nuovo sviluppo di religiosità popolare e la costruzione di nuove chiese sono collegabili, inoltre, anche alle disastrose carestie che imperversavano la Toscana dopo il 1590. Tutte le chiese più importanti costruite o ampliate nel senese alla fine del ‘500 e inizi del ‘600 sono dedicate a Madonne ritenute miracolose. Anche la Madonna della Carità di Seggiano, costruita tra il 1589 e d il 1603, si inserisce in questo clima di rinnovato fervore religioso e di sviluppo del culto mariano: viene eretta per volere del Vescovo di Pienza Francesco Maria Piccolomini e della Famiglia senese degli Ugurgieri, con i contributi della Comunità e con elemosine del popolo. Leggenda vuole che la chiesa sia stata eretta come ringraziamento per il dono di un pane miracoloso fatto da una sacra immagine in un periodo di carestia ad una madre che l’aveva invocato. Le peculiarità della chiesa seggianese rispetto agli altri edifici religiosi contemporanei sono i suoi legami con schemi legati al gusto e alla cultura manieristica mitteleuropea, che ne fanno un caso eccezionale per il territorio.
La chiesa, che resta un monumento molto interessante sul piano architettonico, conservando ancora le forme e decorazioni originarie, ha però la sua peculiarità nella varietà degli elementi decorativi ed ornamentali in trachite, nel suo particolare carattere artistico derivato dalla cultura eclettica portata dai maestri luganesi cui è attribuita l’opera. In una ricerca del 1985 Renato Zangheri assegna la paternità dell’opera a Giovanni della Valle di Lugano, uno dei tanti maestri tagliapietre e capomastri del Canton Ticino attivi a Seggiano nella seconda metà del cinquecento. La facciata, dove le decorazioni in trachite contrastano con il fondo chiaro dell’intonaco, si presenta su due ordini, in basso dorico e nella parte superiore composito segnato da un architrave con metope e triglifi. Sul portale vi è l’affresco di una Annunciazione dentro una cornice a volute. La cupola in mattoni è a quattro spicchi, il campanile è a doppia vela. L’interno, suddiviso in tre navate piuttosto accentrate, è coperto con volte a botte nella parte centrale e a crociera nelle navate laterali. I sei altari laterali in trachite furono fatti costruire su committenza dei vari esponenti della famiglia Ugurgeri e conservavano dei dipinti su tela tutti trafugati negli anni ’60. Nell’altare maggiore del presbiterio è posto un affresco con la Madonna con il bambino.